Nel tempo, di pari passo con i mutamenti della società e dell’economia, il bacino di utenza dell’advertising commerciale è a sua volta profondamente mutato, divenendo sempre più variegato e quindi sempre meno analizzabile e prevedibile attraverso tv, giornali, radio, ecc.

 

Il digitale è venuto in soccorso alle aziende permettendo loro di delineare con maggior precisione l’identikit dei propri target di riferimento, di individuarne di nuovi e di rendere le proprie campagne più mirate, guadagnando in capacità di seguire e orientare l’intero funnel, ovvero il “percorso d’acquisto” dell’utente.

 

Proprio quest’ultima caratteristica ha fatto sì che negli ultimi cinque anni social come Facebook (ora Meta e orientatasi in direzione del Metaverso, di cui abbiamo già parlato) e Google (ora Alphabet), grazie soprattutto agli ads su Instagram e ai video e alle pubblicità dinamiche su YouTube, concepiti per ottenere una risposta immediata dall’utente, assumessero il ruolo di protagonisti assoluti.

 

Ad essi si è affiancato rapidamente l’e-commerce di Amazon, che basa le proprie strategie sui reali gusti che il pubblico esprime tramite la ricerca sui vari motori e ha in più il vantaggio, incorporando nella stessa piattaforma raccolta dati, targeting e conversione, di essere meno soggetta a restrizioni.

 

Complice la pandemia, dunque, gli investimenti pubblicitari nelle varie piattaforme hanno raggiunto forse il loro apice storico e la tendenza generale, al momento attuale, non parrebbe discostarsene più di tanto, malgrado da qualche mese a questa parte attori vecchi e nuovi si stiano avvicendando, non senza attriti, sulla scena.

 

Il duopolio Google-Meta, infatti, inizia a scricchiolare e ciò si evince sia dal calo dei ricavi anno su anno nell’ultimo trimestre (quest’anno dovrebbero arrivare, secondo l’Economist, a circa 300 miliardi di dollari, comunque meno del previsto) che dalla contemporanea ascesa di TikTok, le cui peculiari modalità di fruizione, basate su brevissimi e numerosissimi video prodotti e diffusi a getto continuo, garantiscono una maggiore velocità di targeting e quantità di conversioni.

 

Anche Alphabet, rispetto allo scorso anno, secondo quanto diffuso dalla stessa Compagnia, ha subito una brusca frenata, crescendo “solo”del 6% con ricavi per 69 miliardi, il 27% in meno rispetto al 2021.

 

Malgrado debba ancora investire molto nella moderazione dei contenuti e sulla privacy dei dati, le innovazioni di TikTok sono temute e imitate per es. da Instagram (di Meta) che ha introdotto, e poi potenziato, “Reels”, o da YouTube (di Alphabet) che ha creato “Shorts”.

 

Subito dopo viene Amazon, che nel 2021 ha venduto 31 miliardi di dollari di pubblicità e che quest’anno dovrebbe arrivare ad assorbire quasi il 7% delle entrate. Dopo ancora ecco Microsoft, che potrebbe accaparrarsi più del 2% delle vendite globali grazie alle monetizzazioni dei suoi motori di ricerca principali, Bing e LinkedIn, circa quattro volte più veloci di quelle di Facebook/Meta.

 

In crescita Apple, che si sta riprendendo dal mancato aumento della domanda dell’iPhone 14 attraverso le entrate derivanti dagli 1,8 miliardi di dispositivi già in circolazione, pari, secondo le stime, a circa 4 miliardi di dollari all’anno.

 

Altre nuove mete della migrazione pubblicitaria sono le Internet Tv come Prime Video, Netflix e Disney+, i sistemi di streaming e podcasting e gli assistenti ad attivazione vocale come Alexa e Siri.

 

Discriminanti cruciali si stanno rivelando le politiche anti-tracking, ovvero di monitoraggio dell’utenza, le quali penalizzano soprattutto le società che pubblicano annunci display basati sugli interessi dei consumatori e non sulle loro ricerche, come Meta e Snap, e che dunque non possono fare affidamento su dati raccolti autonomamente.

 

Cosa riserva il futuro? Difficile dirlo, ma uno dei trends più gettonati è l’ibridazione tra fisico e digitale, una volta appurato che una componente non può vivere se non strettamente compenetrata nell’altra, e viceversa, e di cui le Tv 2.0 rappresentano solo un esempio recente: Amazon non avrebbe, infatti, i medesimi ritorni senza i suoi centri logistici, così come per Microsoft i propri data center, per Apple l’iPhone stesso ecc.

 

Essendo un argomento estremamente complesso, ci siamo qui limitati ad un breve report, fatto di cifre e statistiche, sullo“stato presente” dell’advertising online: nelle prossime puntate del nostro blog ne esamineremo le mille sfaccettature con più calma ed esaustività.

 

Tranne dove diversamente indicato, dati e percentuali sono ricavati dalla testata online Agenda Digitale.

 

In conclusione, come sempre: stay connected!